CUBO-90-SPEZIA
REGISTRO
CUBO-90-SPEZIA
Rigenerazione urbana, tra passato, presente e futuro
testo: Elisabetta Baratti
Un paio di mesi fa l’Architetto Guillaume Pacetti dello studio di architettura A35, ha tenuto una conferenza, illustrando un interessante progetto di riqualificazione urbana all’Assessore alle Politiche di sostenibilità ambientale, Tiziana Benassi e all’Assessore alle Politiche di pianificazione e sviluppo del territorio e delle opere pubbliche, Michele Alinovi, denominato CUBO -90- Spezia -Le porte della città.
Storicamente i punti di accesso principali ad una città erano costituiti dalle Porte Cittadine o Urbiche, elemento architettonico facente parte della cinta muraria, che fornivano una riconoscibilità immediata, dal punto di vista territoriale, dell’area propriamente urbana rispetto a quella circostante costituita dalle campagne e centri abitati rurali, ciò che noi oggi chiamiamo periferie extraurbane.
Le Porte della Città avevano una funzione di difesa, sicurezza militare, salute pubblica. Erano presidi comunali e militari di controllo di persone, veicoli e merci, luoghi di imposizione di dazi doganali. Ad esse veniva attribuito un grande valore simbolico, in quanto passaggio dalle campagne al centro abitato cittadino; su di esse venivano affissi editti e testi di legge, esposti scudi araldici e sculture, fregi e iscrizioni celebrative: era il riconoscimento visivo e di celebrazione identitaria dell’entrata in città, luogo di civiltà e potere.
A Parma ad esempio le antiche Porte della Città erano collocate in punti strategici, situati piuttosto simmetricamente, lungo le direttrici del Cardo e del Decumano, secondo l’antico modello di castrum romano: il Forum corrispondeva a Piazza Garibaldi, l’asse del Cardo tagliava longitudinalmente il centro della città da Nord a Sud (via Cavour, via Farini e via Solferino); il Decumano invece la divideva trasversalmente da Est a Ovest (via Repubblica, via Mazzini e via D’Azeglio), così da contare 4 Porte principali alle loro intersezioni: la Porta Nord all’altezza di Barriera Garibaldi, più o meno dove oggi sorge la Stazione Ferroviaria; la Porta Sud in prossimità di Barriera Bixio; la Porta Est a Barriera Repubblica e la Porta Ovest in Piazzale Santa Croce.
L’idea germinale del progetto, nasce da una interessante scoperta: aver notato come, tracciando in proiezione i prolungamenti dall’ubicazione di queste antiche Porte, è possibile individuarne il corrispettivo moderno esattamente ai confini dell’area urbanaattuale:prolungando l’asse del Decumano troviamo la Porta Est, che coincide con l’area che intercorre tra l’attuale Arco di San Lazzaro e lo stabilimento ex-Salamini in via Emilia Est, e la Porta Ovest, in corrispondenza della zona compresa tra il centro commerciale di Largo Coen e il Poliambulatorio Dalla Rosa Prati, situato presso la rotatoria della Crocetta, in via Emilia Ovest. Prolungando l’asse del Cardo, individuiamo come plausibile Porta Nord la zona del quartiere San Leonardo ex Bormioli, verso via Europa e l’imbocco dell’autostrada del Sole. A Sud possiamo attuare uno sdoppiamento: una Porta Sud-Ovest in via Spezia, all’altezza del complesso polifunzionale del CUBO, e una Porta Sud-Est presso l’attuale Campus Universitario “Parco Area delle Scienze”.
Oggi la città si è fortemente estesa e il suo assetto territoriale ed urbanistico è mutato: si esperisce un contesto urbano spaesante, nel senso letterale del termine. Non troviamo nessun elemento di orientamento, di discrimine e quindi di identità che connoti e renda riconoscibile l’inizio dell’area cittadina dalla periferia immediatamente circostante. Chi arriva da fuori Parma, trova un’area ibrida e non caratterizzata, priva di spazi pubblici adeguati e di elementi che denotino l’ingresso ad una città.Il risultato è che, a parte il centro storico, non viene valorizzata e fruita nessuna di queste aree, le quali invece hanno innumerevoli potenzialità, proprio per la posizione strategica di accesso e collegamento, bidirezionale, della città e alla città.
Si è rilevato che le zone e i quartieri corrispondenti a queste moderne Porte sono peculiarmente riconoscibili per caratteristiche intrinseche essendo poli industriali, commerciali e scientifici e di attrattiva pubblica importanti e ben strutturati per la propria “destinazioned’uso”.Tuttavia,attualmente,nonpresentano particolari ed evidenti qualità dell’assetto urbanistico volte a esplicarne il valore.
È necessario dunque investire e spendere risorse per sfruttare appieno le potenzialità di autogenerazione identitaria di queste aree attraverso la dotazione di servizi, la riprogettazione di arredi urbani volti a migliorare la qualità estetica e funzionale dell’ambiente, la sicurezza, tramite il controllo della velocità dei veicoli a ridosso dei luoghi di interesse indicati, e la gradevolezza e l’armonia visiva tra i vari elementi.
Inoltre è importante, creare in esse un elemento di discontinuità rispetto alla periferia extraurbana, una struttura di impatto visivo, culturale e simbolico che dia riconoscibilità e nuova luce alla Porta della Città, meglio ancora, possibilmente, individuare una struttura già esistente e connotarla in tal senso.
Si auspica che questa operazione abbia come multiplier effect, la rivitalizzazione e la riqualifica spontanea di questi quartieri del tessuto urbano tramite la creazione di nuove attività commerciali, strutture abitative e ricettive, con il coinvolgimento di vari attori sociali e istituzionali, con il fine ultimo di porre al centro di ogni intervento i cittadini, il benessere della collettività e lo sviluppo economico della città.
Via Spezia è via di accesso e passaggio obbligato per i centri situati nella zona meridionale e occidentale della provincia. Coincide con la valle dei fiumi Baganza e Taro e, conseguentemente, permette di raggiungere l’area appenninica e la Regione Liguria e proprio in via Spezia, al numero civico 90, sorge il CUBO, che assurge perfettamente all’esigenza di reperire una struttura di forte impatto a livello visivo e simbolico per la Porta della Città, oltre ad averne la perfetta ubicazione. Il successo di questa proposta potrebbe configurarsi come il progetto pilota di un sistematico rinnovamento della città, che coinvolga ogni area urbana designata come “Porta della Città”, sfruttando lo stesso pattern ripetile di quanto si sarà attuato in Via Spezia, e il suo insito circuito di potenzialità virtuose.
In seguito alla conferenza di presentazione del progetto, tenutasi in collaborazione con l’Architetto Vittorio Uccelli, professore alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, sede di Mantova, alla presenza dei suoi studenti del terzo anno, dato l’interesse suscitato dalla rilevanza e suggestività del tema, si è delineata la proposta di una collaborazione più stretta fra i due architetti. L’idea è stata quella di coinvolgere i laureandi nel progetto di riqualificazione urbana nell’area retrostante il CUBO, facendone oggetto di un vero e proprio esame accademico, precisamente di Laboratorio di Progettazione Architettonica. Gli studenti sono stati invitati a presentare proposte progettuali al fine di far emergere l’identità del CUBO come contenitore artistico e culturale, collegandolo con le aree retrostanti, la città e l’ambito suburbano immediatamente attiguo, e sfida più grande, creare una continuità con le aree immediatamente prossime del Cimitero e della Moschea.
Non è entrato quindi in gioco solamente il tema della riqualificazione oggetto della lectio, bensì temi ben più attuali e dalla portata etica cogente, quali il dialogo interreligioso e interculturale e il come sia possibile la declinazione di tali dinamiche in ambito urbanistico. Una modalità di concepire il rispetto e l’integrazione che forse è suonato inedito alle orecchie degli studenti, ma che sta particolarmente a cuore all’Architetto Pacetti, parigino, che sostiene come, oggi più che mai: “L’architetto deve essere un mediatore culturale. Non basta saper progettare e costruire, ma serve saper ri-funzionalizzare le aree cittadine per poter venire incontro alle esigenze di una società sempre più complessa, sfaccettata e multietnica, per non rischiare la ghettizzazione di certe fasce della popolazione e l’abbandono delle periferie”.
Il 20 febbraio i 16 progetti degli laureandi del Politecnico sono stati presentati al CUBO che per un giorno si è trasformato in un’aula universitaria. Oltre al Professor Vittorio Uccelli e all’Architetto Pacetti, hanno presieduto questa interattiva sessione di esami l’Assessore alle Politiche di pianificazione e sviluppo del territorio e delle opere pubbliche Michele Alinovi, il Professore Cesare Azzali, Direttore dell’Unione Parmense Industriali,Davide Bollati, Presidente e Owner di Davines Parma e Carlo Quintelli, Professore di Composizione architettonica e urbana alla Facoltà di Architettura dell’Ateneo di Parma.
Un tavolo di incontro e di dialogo che ha messo l’accento sul tema della rigenerazione urbana secondo diverse prospettive: quella della sostenibilità, dell’innovatività ma anche della responsabilità etica verso persone e ambiente. I progetti degli studenti hanno colto queste suggestioni e, come spesso accade, la riflessione sul tema ha fatto emerge un circolo virtuoso di nuove prospettive.
I progetti sono eterogenei per quanto riguarda le scelte. C’è chi ha demolito capannoni e chi invece, ispirandosi ad un quadro di Sironi, ne ha fatto il cuore del progetto prevedendo una sorta di cittadella simile ad un vilaggio nipponico grazie a un corridone sospeso che collega i capannoni tra loro.
C’è chi ha pensato di rendere tutto cubico e chi ha cambiato geometrie e prospettive. Quello che stupisce è come l’attenzione di tutti sia stata rivolta a preservare e anzi proteggere, incrementare e rendere produttive le aree verdi, inserendo il CUBO in un contesto bucolico, se non addirittura georgico. Forse l’eco delle “sacre zolle” ha avuto un impatto sugli studenti che vengono dalla bella Mantova di Virgilio, che hanno immerso gli edifici in spazi verdi aperti, con percorsi liberi, delimitati solo da pergole, porticati, esedre, bastioni con percorsi ciclopedonali perfettamente inseriti nel paesaggio. Gli edifici stessi sono stati pensati come vetrati, aperti sul verde. Non sono state concepite solamente biblioteche, teatri, Scuole di Arte, alloggi per gli artisti, auditori, rispettando l’input di creare una continuità con l’identità culturale del CUBO, ma gli studenti hanno voluto per la loro rigenerazione green anche serre, frutteti e orti cittadini, Scuole di Agraria e Paesaggistica, mercati agricoli coperti, edifici costruiti come vecchie case di campagna con porticati e barchesse.
La riflessione sul dialogo del Cimitero e della Moschea con il territorio circostante è stata declinata dagli studenti con grande attenzione e sensibilità. L’apertura del Cimitero, svincolato dalle mura e delimitato attraverso percorsi pedonali liberi o tramite canali e vasche d’acqua; mentre per la Moschea, all’opposto, si è pensato di recintarla e crearvi un chiostro protetto da gelosie, rivolte ad Est, per far filtrare la luce proveniente da La Mecca, nel rispetto della tradizione islamica; il tutto immerso nella pace riposante del verde, con alberi e aiuole di fiori.
I progetti di questi ragazzi non hanno solo presentato soluzioni, ma sollevato questioni, e alla fine della giornata, sono emerse due esigenze fondamentali: il Verde, non come una velleitaria ed escapista “Zurück zur Natur” romantica, ma come idea di città, la Natura come parte della città, come spazio pubblico fruibile al posto del cemento, una “via Gluck al contrario”. E lo sforzo per non demolire, per andare oltre, per far prevalere il recupero…
Una strada faticosa, ancorata a riqualificare, a rigenerare, che può essere sinonimo di salvare, quando questo cambio di prospettiva assurge a modello di resilienza, da applicare non come esercizio di stile, ma dove ce n’è davvero bisogno e non si ha scelta, come nelle periferie degradate, dove non arrivano i fondi, e dove l’architettura intesa non come nuova cementificazione, bensì come rigenerazione urbana, può essere un messaggio e un pegno di speranza a livello sociale e civile.