Arte dove sei? L’espressione di un tempo in costante divenire
ARTI E MESTIERI
ARTE
DOVE SEI?
L’ESPRESSIONE DI UN TEMPO IN COSTANTE DIVENIRE
testo: Giorgia Chicarella
collage: R. F. Lorca
Lo incontro alla Galleria San Ludovico, nel cuore della città, un sabato pomeriggio di maggio. Alle spalle una riunione di tre ore molto “creativa” tutta incentrata sul potere del digitale. Neanche a farlo apposta, stavo preparando il terreno per la conversazione che si sarebbe svolta poco dopo.
Tema portante all’ordine del giorno, il linguaggio. Soggetto intervistato Alessandro Canu, classe 1988, disegnatore e curatore delle rassegna espositiva Abecedario D’Artista che ospita negli spazi della galleria le opere del fumettista e illustratore Joan Cornellà, famoso per il suo inquietante e surreale umorismo.
Dopo le consuete presentazioni, esordisco con: “Ti va di parlarmi del significato che ha adesso l’arte?”. Mi guarda, sorride, dà un tiro di sigaretta e mi risponde: “Proviamo, anche se lo sai che è dura, vero? Il tema, oggi come oggi, è talmente eclettico ed ambivalente che sfugge al linguaggio stesso”.
Il suo look total black mi dice subito dove sono: face to face con l’esponente di quella generazione di artisti nata a cavallo di una rivoluzione sociale ed economica senza precedenti, proprio perché, come evidenzia lui stesso: “Non è solo una rivoluzione tecnica bensì di pensiero”. In ballo, insomma, c’è niente meno che il nostro essere. Dicci poco!
Siamo dinnanzi all’incognita della tanto discussa “digital transformation”: il paradigma di un’epoca che a fatica riusciamo a definire proprio perché, per sua stessa natura, sfugge il concetto di definizione, perlomeno quella univoca. Lui lo sa bene. Le attività che organizza con il suo gruppo supportano il “creatore” e orientano lo “spettatore” dell’opera lungo questo percorso che lascia tutti un po’ storditi, chi più chi meno. “L’Associazione Culturale TØRØ – racconta – è nata per valorizzare l’arte in ogni sua forma. L’obiettivo è riportare la cultura ad assumere un ruolo centrale per Parma dando voce agli spiriti più versatili ed innovativi. Ci impegniamo, grazie al sostegno del Comune di Parma, e in collaborazione con le altre associazioni del territorio, a far conoscere giovani illustratori, fumettisti, pittori, scultori…personalità indipendenti che mettono mano, in modi differenti, a questo strano “essere tecnologico”. Lo facciamo realizzando all’intero dei luoghi istituzionali, come quello in cui ci troviamo, rassegne di arte contemporanea che spesso accolgono anche artisti internazionali”.
La domanda mi sorge spontanea: perché Toro?
“Il nome dell’Associazione, così come il logo, sono ispirati alla Parma duecentesca, nello specifico a Torello de Strada, podestà di Parma dal 1221 e interessato alla valorizzazione delle arti in città. Il suo contributo fu tale che lo stemma personale, un toro rampante nero su sfondo rosso, per un periodo divenne vessillo della città di Parma”.
Storia e innovazione, quindi. Ok, mi dico: “È la persona giusta”. E proseguo con la seconda domanda.
In un’epoca così “confusa”, come sta cambiando il linguaggio dell’arte?
“È quasi impossibile dare una risposta sola. Non ho dubbi che la tecnologia abbia modificato il come del processo creativo e della sua fruizione. Il medium attraverso cui il pittore, lo scultore, il fumettista etc.… veicolano la propria creazione è totalmente differente da quello precedente e influenza più che
mai la realizzazione dell’opera stessa. Pensiamo alle mostre, alle opere presenti nelle chiese, ma anche ai libri di arte. Progressivamente sta cambiando tutto: lo spazio non è più uno, è il mondo intero, quello della rete. Lì ci si informa, lì si osserva. Sono mutati radicalmente i paradigmi a cui facevamo riferimento”.
Parliamo di tecnologia e digitale..?
“Il digitale rappresenta una rivoluzione non solo tecnologica ma di pensiero, è una rivoluzione copernicana. Al centro di questo processo c’è l’uomo, ci sono io, ci sei tu, ci siamo tutti.
I progressi degli ultimi vent’anni hanno inevitabilmente aperto le porte ad un’epoca nuova e l’arte non può certo sottrarsi a questo “meccanismo” visto che è sempre e comunque espressione di un contesto. Così, abbiamo una “technè” che permette al contempo di realizzare forme espressive differenti condizionando pesantemente il modo stesso in cui creiamo – i video, le animazioni, i 3D etc.…-, ma anche il modo in cui le comunichiamo, il medium. Pensa ai social network, non sono loro che dettano legge? C’ è poco da fare! Fanno sì che l’opera odierna sia costantemente condivisa. Una condivisione ridondante: tutti la vedono, tutti vi accedono, tutti la giudicano. L’opera viaggia attraverso la moltitudine, resta qualche secondo, se va bene qualche minuto e, il più delle volte, scompare. Punto e a capo.”.
Quindi l’arte ha perso il concetto di eternità? Non avremo più Caravaggio, Michelangelo, Goya, Leonardo…? (Ho quasi paura della risposta).
“Il concetto di “eternità” in quest’epoca non ha più senso, siamo immersi nel cambiamento continuo; mutazione, elasticità, ambiguità e velocità sono diventati gli archetipi attuali.
Non è più e soltanto il genio creativo di uno, del “Maestro” o il gusto e l’interesse di pochi “Mecenati” a decidere ed influenzare i trend di un’epoca, bensì la popolazione nel suo complesso. Non c’è giusto o sbagliato, è così. Siamo difronte ad una crisi espressiva? Sì, senza ombra di dubbio, ma siamo anche davanti ad uno stimolo. Il digitale imponendo nuovi limiti apre le porte a molteplici forme di libertà e contaminazione creativa. Oggi non sarà mai più come ieri e come domani, mai come adesso”.
E l’artista in questo processo ha ancora un ruolo?
“Uno solo? Non credo. La modificazione è costante, inclusiva e l’artista o se ne fa portavoce o ne resta vittima. Lo dico perché lo vivo sulla mia pelle. Siamo chiamati a sperimentare continuamente, a produrre qualcosa di completamente diverso che accoglie e supera quello che abbiamo creato pochi secondi prima. Posso azzardare? Sta cambiando il processo neurologico che porta al risultato finale. Abbiamo sradicato alcuni valori e sdoganato il bipolarismo; è un periodo di transizione e la “retta via”, se ne è mai esiste una, è tutta da cercare. Chi fa arte deve imparare ad approfittare dello “strumento” senza lasciarsi soccombere, finendo nel mare magnum dell’irrilevanza, il grande rischio della nostra epoca. Non è facile, non eravamo pronti quando è comparso e non lo siamo neppure adesso; per questo motivo il linguaggio artistico fatica a restituire messaggi sociali forti, a provocare e stimolare il pensiero. Ci sta provando e ci riuscirà perché credo sia il più adatto a rispondere a questa “rivo-evoluzione”.
Ti sembra strano che faccia così fatica?
“Assolutamente no, siamo difronte ad una situazione che muta continuamente faccia. Questo fa paura, ma solo perché in questo contesto non ci sappiamo muovere, non lo conosciamo. A ben vedere, alla nostra società, per non dire alle nostre menti e alle nostre mani, manca l’approccio richiesto dal “digitale”. Ad oggi, non siamo ancora predisposti ad un apprendimento così rapido, ma ci arriveremo. La formazione, da questo punto di vista, è una costante, sia individuale sia collettiva; senza rischiamo lo smarrimento totale”.
Il linguaggio dell’arte, quindi, che cos’è adesso?
“E’ sempre la stessa cosa, emozione. È l’espressione di qualcuno che raggiunge qualcun altro e risponde del contesto in cui viene inserita. È una comunicazione anche se “permane” per meno tempo. L’artista odierno se non comprende che la sua arte non perdura per più di 30 secondi, esagero e provoco, non può fare l’artista”.
Il CUBO, in un certo senso, può rispondere a questa esigenza?
“Credo proprio di sì. Quando è nato è stato straordinario, non ci si poteva credere, sembrava di stare a Berlino o New York: uno spazio condiviso dove personalità e professionalità differenti si incontrano e creano. Il passo da tenere è questo, deve continuare a crescere”.